OPERA
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Come spesso mi capita, mi ritrovo a chiedere ansiosamente risposte alle opere d'arte. Non potevo non venire davanti al Ritratto di uomo di Antonello, perché si cerca spesso ciò che ci appartiene. Ed è come se si aprisse una sfida all'ultimo sangue tra me e questo furbastro, come se fra siciliani emigrati ci si intendesse al primo sguardo e ora tocca solo capire chi è il più scaltro dei due. Lui dice, nella sua beatitudine infida, che l'onestà non ha mai pagato, che è inutile sperare che qualcosa cambierà, che vince sempre chi comanda. Io nego, e lui continua a prendermi in giro, con il suo sorriso mezzo accennato, pronto a distorcersi in smorfia. Io persevero, e lui potrebbe con poco sforzo alzare ancora il sopracciglio sprezzante di chi con i primi peletti bianchi ha già preprato una morale da mercante truffatore o socchiudere placidamente l'altro occhio aumentando a dismisura il suo disinteresse per chi parla e per la barba che s'infoltirà con il tempo - ma anche questo, cosa importa? anzi cu sinni futti?- oppure infine rompere l'imposizione forzata del tre quarti, alzare il telo nero dietro cui sta un quartiere portuale e, fischiando ad un compare, sparire per sempre nel nulla. Ecco la potenza di certi siciliani che, rassegnati alla disillusione e al disgusto che si prova dinanzi ad un mondo che non si vuole combattere, scelgono di deridere gli altri per sopravvivere: il babbìo, unica arma possibile per ferire, da impotente a impotente. La nostra miseria e nobiltà è tutta negli occhi di questo provocatore. |
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